Anche se i nostri figli sono le persone che più amiamo al mondo e daremmo la vita per loro, ci sono momenti in cui mettono a dura prova la nostra pazienza. A chi non è capitato, esasperati dall’ennesimo capriccio dopo una lunga giornata, di urlare contro i propri bambini o di metterli in punizione, sperando che questo li convinca ad ascoltarci e obbedirci.
Anche se talvolta la strategia può funzionare, gli studi più recenti dimostrano come, in realtà, le punizioni, in linea generale, non siano efficaci. Non rendono i bambini più obbedienti e, anzi, possono anche essere dannose, peggiorando i comportamenti scorretti e creando tensioni e rancori in famiglia.
Come fare allora per farsi ascoltare e insegnare ai propri bimbi le regole? Come comportarsi quando fanno i capricci, evitando di punirli?
Un primo punto importante riguarda proprio le regole. È fondamentale stabilire delle regole chiare e concrete, coerenti, che il bambino sia in grado di comprendere. Il bambino ha bisogno di avere delle linee guida da seguire: se ci sono indecisioni, disaccordi tra i genitori o le regole non sono fissate in modo chiaro, i più piccoli saranno confusi e faranno più fatica a capire come dovrebbero comportarsi.
Teniamo presente che le regole non sono comandi. Un comando, ad esempio, potrebbe essere “stai seduto!”, mentre la regola educativa è “a tavola si mangia seduti”. Le regole sono procedure che si stabiliscono in famiglia per vivere meglio insieme.
Se il bambino non rispetta una regola, spesso come genitori ci si trova in difficoltà: magari non si vorrebbe sgridarlo o obbligarlo, ma davanti alla sua insistenza o ai capricci si finisce per arrabbiarsi e urlare. Il primo consiglio è proprio quello di assicurarsi che il bambino abbia capito e, in caso contrario, di spiegargli ciò che non gli è chiaro. A volte alcuni concetti a noi sembrano scontati, ma non dimentichiamo che un bimbo, soprattutto se piccolo, non ragiona come noi e non ci legge nel pensiero: è sempre buona norma esplicitare come che ci aspettiamo che i bambini si comportino e perché.
Anche una volta chiarite le regole e accertato che siano ben comprese, è molto probabile (anzi, certo) che i bambini disobbediscano o si comportino male. Pur senza arrivare alla punizione, è importante riprendere i propri figli in questi casi, facendogli notare l’atteggiamento o il comportamento scorretto ed educandoli a ragionare su ciò che hanno fatto.
È necessario portare i bimbi a riflettere sull’errore che hanno commesso. I genitori per primi devono essere pronti all’ascolto, chiedendo al bambino perché si è comportato in quel determinato modo, e alla comprensione. Questo non significa giustificarlo o accettare passivamente ciò che ha fatto, bensì renderlo responsabile delle proprie azioni.
È importante, inoltre, mostragli le conseguenze del suo comportamento e spiegargli come potrebbe rimediare al suo errore (o, ancora meglio, invitandolo a trovare egli stesso una soluzione).
Un approccio basato sull’ascolto reciproco insegna una lezione importante ai propri figli, ponendo le basi per farli diventare degli adulti disposti a mettersi in discussione.
Su questa linea, lo psicologo infantile Thomas Gordon afferma che “anziché la disciplina, bisognerebbe insegnare l’autodisciplina”: in questo modo i bambini impareranno a comportarsi bene perché capiscono che è importante, non solo per evitare punizioni e rimproveri.
Gordon suggerisce ai genitori di utilizzare il metodo del discorso in prima persona, ovvero comunicare al bambino, nel modo più calmo ma fermo possibile, che il suo comportamento li sta facendo arrabbiare e spiegare perché. Invece di gridare “smettila di urlare!”, sarebbe meglio dire “quando c’è così tanto rumore non riesco a concentrarmi nella lettura”. Spiegando qual è il bisogno che c’è dietro la richiesta di comportarsi in modo diverso, bambini e ragazzi saranno più disponibili a collaborare. Il discorso in prima persona attiva un “freno interno”, anziché porne uno “esterno”, su cui i bambini non hanno controllo e di cui quindi non si sentono responsabili.
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