In un ambiente familiare coesistono molte personalità diverse, e queste portano con sé molti punti di vista differenti, che non sempre si accordano completamente gli uni con gli altri. È perciò normale che, tra i membri di una famiglia, nascano confronti, o anche qualche discussione. In alcuni casi, tuttavia, queste discussioni possono trasformarsi in vere e proprie situazioni conflittuali che possono protrarsi a lungo, avendo un impatto sui nostri figli.
Sappiamo, infatti, come essi apprendano moltissimo da ciò che gli mostriamo; lo stile educativo che utilizzeremo con loro, avrà una forte impronta nel loro futuro e, più generalmente, su di loro come persone.
Anche il modo in cui gestiremo i conflitti avrà un grande impatto su di loro, perché darà loro gli strumenti e le risorse che, a loro volta, utilizzeranno per approcciarsi alle difficoltà della vita. Ma in che modo la nostra gestione dei conflitti diventa una risorsa per i nostri figli? Vediamolo nel dettaglio:
Innanzitutto, possiamo partire dai conflitti “caldi”. Questi sono i tipi di conflitti che possiamo immaginare, in modo un po’ stereotipato, quando pensiamo ad un litigio “classico”: emozioni molto forti, toni alti e, solitamente, presenza di incomprensioni e frustrazioni. Un bimbo che viene esposto frequentemente a questa modalità di affrontare le divergenze di opinioni, può interiorizzare come il modo corretto di gestire le divergenze sia con una modalità “esplosiva”.
Con questo termine intendiamo una modalità di gestione del conflitto dove le emozioni difficili prevalgono, e dove l’obiettivo non è la ricerca di un accordo o di un punto comune, ma piuttosto di uno sfogo dell’emozione che porta disagio.
Questa modalità, tuttavia, non porta solitamente alla risoluzione del conflitto, ma anzi lo alimenta alzando ulteriormente la frustrazione emotiva, ed aumentando il rischio di comportamenti aggressivi, e nocivi per sé e per gli altri.
Un’altra tipologia è poi quella dei conflitti “freddi”. In questo caso il conflitto non vede le emozioni coinvolte sfociare in una esternazione esplosiva, ma piuttosto si instaura un clima di tensione emotiva. È il caso dei silenzi punitivi, che nei casi di conflitto di questo tipo possono venire utilizzati a vicenda da entrambe le parti coinvolte. Un’altro caso è invece quello in cui si nega la presenza di conflitto, facendo “finta di niente”, ma la tensione emotiva rimane.
I nostri figli possono apprendere come per gestire un conflitto sia utile non affrontarlo, ma piuttosto rifuggire ed ignorarlo. Anche questo però non porta alla risoluzione del conflitto, e lascia la persona in uno stato di insoddisfazione e frustrazione.
Uno stile di gestione del conflitto dove si cerca reciprocamente di considerare il punto di vista dell’altro, validando così le emozioni che prova e cercando di comprendere l’altro per arrivare ad un punto di accordo, può fornire un esempio di gestione dei conflitti molto positivo per i nostri figli.
Venendo esposti a questo tipo di gestione dei conflitti, i figli apprenderanno il valore dell’ascolto empatico, e la capacità di porsi dal punto di vista dell’altra persona: presupposti ottimali per arrivare alla risoluzione del conflitto stesso.
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